Ridere fa bene alla creatività
Ruby Nadler e il suo team, in uno studio recente su Psychological Science, hanno scoperto che ridere aiuta la creatività. Questo l'esperimento: ad un campione eterogeneo diviso in tre gruppi sono stati mostrati altrettanti video: uno di contenuto negativo (le notizie su un terremoto in China), uno di contenuto neutrale (una puntata di un tv-show sugli antiquari) e il terzo più spiccatamente positivo (un bimbo che ride). Subito dopo la visione, i gruppi hanno dovuto riconoscere una serie di pattern grafici in un gioco interattivo. Il risultato migliore? L'ha avuto il team che aveva visto il video col bambino.
È quella che gli psicologi chiamano flessibilità cognitiva, che poi è la base di gran parte della creatività: l'abilità di prendere dati esistenti e combinarli tra loro in modo diverso, adattandoli ad un nuovo contesto. "Anche in passato è già stato dimostrato come l'atteggiamento positivo – dice Nadler – contribuisca a risolvere problemi e sviluppare il pensiero creativo. Se un progetto richiede innovazione o è particolarmente delicato da affrontare, essere di umore positivo può senz'altro dare un aiuto". Ridere, dunque, aiuta la creatività. Soprattutto perché, continua Nadler, contribuisce ad essere più ironici e critici nei confronti delle proprie idee – permettendoci quindi di modificarle, adattarle e sperimentare nuove soluzioni senza affezionarsi troppo all'intuizione originale.
Il concetto di flessibilità cognitiva si combina perfettamente con quello di disinibizione cognitiva sperimentato da Shelley Carson nel 2003: sembra che le menti più creative della storia siano anche quelle più carenti di "filtri" per l'attenzione. Ovvero, sono più disposte a ricevere input esterni anche da sorgenti apparentemente ininfluenti per il progetto su cui sono concentrati. Nella vita reale, la disinibizione cognitiva può manifestarsi in sciatteria, disordine o atteggiamenti buffi e ridicoli; ma, all'interno del cervello, permette di essere maggiormente ricettivi e ottenere più informazioni e stimoli da ricombinare tra loro per risolvere problemi.
Quindi, perché non provare per qualche giorno a smettere di pensare ai clienti insolventi, alle scadenze strette, alla crisi, al lavoro che non parte mai? Apriamo la mente all'iperstimolazione, sperimentiamo nuove esperienze – anche e soprattutto distanti dal monitor del computer – e, soprattutto, facciamoci una bella risata ogni tanto. Ci farà bene.