L'immaginario per professione [Intervista]
Ho il piacere di intervistare qui Alessandro Bonaccorsi, che è un po' uno di quegli strani ibridi tra illustratore di classe, graphic designer attento e blogger divulgatore dal suo noto sito Zuppagrafica. Ha di recente scritto un libro – “Illustrazione: l’immaginario per professione” – uscito per Alkemia Books: una di quelle rare chicche che consiglio a tutti (4,99 euro in e-book: una sciocchezza). Il testo non è rivolto ai soli illustratori, forse anche grazie alle molteplici sfaccettature del suo autore: è una lucida e illuminante lettura sul presente e il futuro, valida anche per designer, creativi in genere e persino per giovani artisti.
La parola “illustratore” porta con sé molti significati, alcuni forse sono persino sbagliati. Per cui ti chiedo: quali sono le differenze – se ci sono – tra pittore, disegnatore, illustratore, fumettista? E tu a quale categoria senti di appartenere?
Ci sono differenze e sono marcate, ma come cerco di spiegare anche nel mio libro, non ci dovrebbero essere: sono frutto di una semplificazione che non fa del bene a questi mestieri. Il disegno è alla base di tutto: è il modo più semplice che abbiamo per raffigurare un pensiero. Disegnare è una forma di espressione, come parlare. Il fumetto si differenzia perché è un linguaggio di narrazione: è una forma d'arte figlia dell'illustrazione e del disegno, come il cinema è figlio della fotografia, ma poi anche qui le cose si mescolano con i fumetti che usano foto o con i film di animazione... Le categorie sono sfuggenti perché non esistono "in natura": è un bisogno tutto umano di rappresentare il mondo. Invece tra pittura e illustrazione la questione è sempre stata dibattuta. Il pittore, cioè colui che si esprime attraverso l'arte, generalmente approfondisce molto di più le motivazioni delle sue opere, la ricerca tecnica, la filosofia di lavoro; non è il lavorare su commissione che fa la differenza, come molti credono (anche le gallerie sono in realtà dei clienti...).
Alla fine però tutto può rovesciarsi: Norman Rockwell, uno dei padri dell'illustrazione americana di inizio Novecento viene battuto all'asta a prezzi da capogiro, mentre Mimmo Palladino, uno degli artisti italiani viventi più pagati, non disdegna una copertina per il disco degli Almamegretta. Per quel che mi riguarda, come ho detto nel libro, l'illustrazione può occupare quegli spazi di arte popolare che l'arte contemporanea non occupa più: quindi un'arte alla portata di tutti (o quasi), ovviamente con vari livelli di eccellenza. I limiti sono dove noi vogliamo che siano, ma un artista dovrebbe sentirsi libero, fregarsene delle categorie. Per quel che mi riguarda mi sento un ibrido, qualcosa a metà tra il graphic designer, l'autore e l'illustratore: mi definisco per semplicità un Graphic Artist.
Quanto è importante il talento nel mestiere dell’illustratore? È un mestiere che si impara o la vera scintilla è in qualche modo innata?
Non saprei darti una risposta. Adesso ad esempio sto scrivendo il secondo libro di questa collana sull'illustrazione per Alkemia Books ed è una monografia su uno dei più grandi illustratori italiani, Gianni De Conno. Bene, parlando con lui e ascoltando altri illustratori bravissimi, mi rendo conto che ognuno ha il suo talento specifico e sono più bravi quelli che lo hanno riconosciuto e coltivato. Spesso ci affanniamo dietro a cose che scambiamo per talento, e non lo sono: chi è bravo, sa riconoscere qual'è il proprio talento. E tante volte è la cosa che ci viene meglio con il minor sforzo, quella più economica. Ovviamente, essendo un mestiere lo si impara (ci sono anche le scuole per farlo) e soprattutto non si deve essere bravi per guadagnare bene; molti addirittura si limitano a copiare lo stile dell'illustratore più in voga e diventano loro stessi illustratori. E le cose li vanno pure bene. Diciamo che per fare l'illustratore in un certo modo, cercando di trovare la propria voce personale, più che di una scintilla c'è bisogno di far bruciare, e a lungo, un bel falò con tutto ciò che ci condiziona. La ricerca interiore in questo caso può essere davvero sfiancante...
Il cuore del tuo libro, a mio avviso, è nell’analisi delle qualità proprie dell’illustrazione: non la riproduzione pedissequa della realtà come nel caso della fotografia, ma una porta spalancata sull’immaginario.
Sì, questa potenzialità dell'illustrazione mi ha sempre affascinato: il poter mettere giù le proprie visioni, aprire squarci su mondi inimmaginabili, creare paradossi visivi irreali, giocare con le figure come con le parole. In pratica mi piace la capacità dell'illustrazione di smontare il reale e di toglierci certezze. Così, là dove la fotografia ci dice che quella fotografata è la realtà oggettiva, l'illustrazione ti fa vedere qualcos'altro e quando è fatta bene, ti fa venire il dubbio che possa anche essere vero.
Nonostante la tecnologia iperdiffusa, quanto ancora c’è di “fatto a mano” nell’illustrazione? È un mestiere in gran parte artigianale?
La mano c'è sempre. Il digitale è solo uno strumento: anche quando si dipinge con la tavoletta o si disegna con Illustrator (come faccio anch'io) è la manualità che conta. La tecnologia serve perché non ci si sporca le mani ed è più facile cambiare un colore. Ed è più facile la fase di comunicazione con il committente. Non è vero che velocizza la realizzazione: ci sono illustratori "artigianali" che sanno essere velocissimi e illustratori digitali lentissimi...Di artigianale c'è sicuramente la fase di studio e di bozzetto, in cui conta il rapporto tra la tua mano e la tua mente. Poi, a tutt'oggi convivono illustratori che usano pennelli con quelli che usano il mouse, ci sono quelli che mescolano le due cose e così via. E credo che questa convivenza si manterrà. Anche quando il mondo sarà popolato dai nativi digitali, il bisogno di fatto a mano diventerà ancora più forte. Fa parte di noi, non possiamo fare a meno dell'artigianalità.
Mi piace molto la figura dell’illustratore imprenditore contrapposto all’artista solitario e refrattario al marketing. Mi piace perché conosco anche molto giovani graphic designer che iniziano convinti di fare gli artisti romantici ma vengono presto disillusi: non basta più essere solo creativi, bisogna essere anche ottimi commerciali e sapersi auto-promuovere.
Sì, decisamente. Il mio libro in effetti può parlare ai creativi in genere (siano grafici, web designer, illustratori, copywriter o altro): un creativo oggi deve pensare al Personal Branding, avere una presenza online strategica, costruirsi un pubblico, sono tutte cose che aiutano ad emergere nel mercato e chi le capisce e le applica ottiene risultati migliori degli altri. Anche in termini di gratificazione personale. Di questi temi mi sono appassionato da pochi anni, provandoli sulla mia pelle e ogni volta che ne parlo sul mio blog Zuppagrafica ricevo molti messaggi empatici da creativi che si riconoscono in certe situazioni di difficoltà e vorrebbero finalmente uscirne.
Come sai, mi trovi particolarmente d’accordo sul capitolo che riguarda l’importanza della condivisione. È davvero così difficile per molti illustratori lasciar circolare liberamente sul web i propri lavori?
Sai, il problema è che il web spesso sembra una trappola: pensa a tutti gli allarmi sulla perdita dei propri diritti d'autore che ogni tanto circolano riguardo a Facebook o Google. È diventato più facile copiare o appropriarsi di immagini che non ci appartengono. Diciamo che l'unica difesa è essere talmente originale da essere unico, o talmente complesso e personale da essere inimitabile. Chi è imitabile dovrebbe già sapere che rischierà di essere imitato. Ogni illustratore si muove secondo la propria attitudine: a me vengono commissionati lavori grazie al mio portfolio online, mi prendo il rischio che qualcuna di quelle immagini possa andare chissà dove. Credo anzi che le immagini ad un certo punto debbano avere una vita propria e secondo me, proprio come i figli, prima o poi tornano indietro, magari con qualche bel regalo...
Sull’argomento dei prodotti grafici preconfezionati, mi ha particolarmente preoccupato la tua lucida analisi sul futuro. Da una parte ci sono i siti che raccolgono illustrazioni e fotografie – ma anche template web e grafici, font, icone, prodotti pronti da stampare; dall’altra, le tecnologie metteranno a disposizione sempre più strumenti per realizzare progetti grafici in maniera semplice. Il risultato non può che essere una progressiva riduzione d’interesse del mercato per le odierne professioni creative. Come sopravviveremo?
Questa riflessione che ho fatto sul libro è nata dopo aver letto un articolo di Charles Hively, creative director americano, grande conoscitore dell'illustrazione e fondatore della rivista 3x3. Lui dice che i creativi dovranno specializzarsi sempre di più e che continueranno a lavorare solo i più bravi, a prezzi magari anche più alti per i clienti che vorranno una estrema personalizzazione. Gli altri si occuperanno delle fasi tecniche o faranno altro. Se ci pensi è esattamente così che funzionava tutto prima della grande rivoluzione del Desktop Publishing: fino a 30 anni fa c'erano un sacco di esecutivisti, tecnici, tipografi, ecc, ma pochissimi progettisti. Si ritornerà a quella situazione perché l'innovazione si stabilizzerà e la tecnologia renderà molte cose automatiche.
Non mi resta che chiederti: dove si trova il tuo libro?
Risponderò in modo un po' articolato, perché credo sia interessante dire come ci muoviamo sul mercato essendo una piccola casa editrice. Intanto non siamo un editore a pagamento, quindi io non ho pagato per pubblicare. Abbiamo prima fatto uscire l'ebook (che si trova su Amazon, Ultimabooks, KoboBooks, laFeltrinelli, etc) e con un po' di promozione online e qualche buona recensione le vendite sono andate bene, tanto da ripagarci delle spese e iniziare a mettere da parte i soldi per la versione in inglese. Poi abbiamo fatto uscire il cartaceo, circa un mese dopo (non esageriamo con le tirature in modo da non avere rimanenze). Il cartaceo lo vendiamo sia tramite prenotazione diretta (alla mia mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o tramite il sito di Alkemia Books), sia nelle librerie (è in distribuzione nel Centro Italia, ma cerchiamo librerie di altre città disposte a commerciarlo). Quello che voglio è che la collana di illustrazione pian piano occupi tutti quei luoghi in cui si parla di comunicazione visiva: librerie, associazioni, festival e qualsiasi altro posto dove lo si faccia.